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Cercherò lontana terra

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Il racconto ambienta Gaetano Donizetti nel contesto della vita e dei personaggi del suo tempo. L'iniziatva si inserisce nelle celebrazioni per il bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi e un capitolo è dedicato al rapporto tra i due musicisti
Contributo: 15,00 €
Descrizione

Cercherò lontana terra

Guido Zavadini, l’indimenticabile musicografo che ha avuto il grandissimo merito di scovare e pubblicare l’epistolario di Gaetano Donizetti, ebbe a scrivere in apertura di un delizioso libello dal titolo Donizetti l’uomo (Bergamo, Secomandi, 1958) d’aver narrato sulla scorta di documenti autografi, quale sia stata la veramente rettilinea vita del nobile e grande nostro Artista.
A quel tempo gli studiosi di rango si occupavano anche del racconto, della “fenomenologia” umana e caratteriale degli oggetti indagati. Poi, purtroppo, le cose sono cambiate, ed in anni più recenti - salvo rare eccezioni - si è fatto strada il pregiudizio che gli esperti dovessero comunicare solo nella forma canonica del saggio o della monografia scientifica. Eppure, da più parti si avverte che la divulgazione, la narrazione, la divagazione attorno a soggetti illustri non solo possa, ma addirittura debba essere firmata da chi ben conosce la materia.
E che Giorgio Appolonia non fosse un donizettiano avventizio, ma un meticoloso ricercatore della tradizione esecutiva già lo sapevamo. Quel che sorprende piacevolmente è che recuperando un filone apparentemente estinto, quello della autobiografia di fantasia, l’autore rivela facilità di racconto e immaginifica elaborazione del dato storico. La trama di questa “messinscena” si organizza dunque per quadri ordinati cronologicamente, scene teatrali vive e assai gradevoli.

Certo è l’esperienza di fabulatore radiofonico che guida la penna, eppure le pagine sono sincere e riverberano anche il sentire dell’autore. Appolonia, ad esempio, si tradisce medico compassionevole quando preannuncia la terribile malattia che sarà la rovina familiare, fisica e mentale del compositore:

Qui, rincantucciato in quest’angolo sto bene. Stringo le ginocchia fra le braccia e la testa tra le ginocchia ed è come se mi sia concesso di vegliare l’agonia di Torquato. [...]
Sono Torquato! […]
Un’altra fitta al capo, come il lampo che precede un tuono. E dopo ancora il buio, il piombo che riempie la ossa. Parlo senza ben comprendere quello che dico. Ma ho la vaga sensazione di aver mutato d’argomento.
Non connetto.
Farfuglio a Virginia che non dovrebbe mostrarsi prona ai miei capricci. Io so- no un uomo pericoloso e porto un pericolo addosso.
Un sospetto.
Ho letto che il padre sifilitico può generare direttamente un figlio infetto sen- za aver prima contaminato la madre.

Oppure riecheggia spiritosamente il carattere di Donizetti frammischiando continuamente l’alto e il basso: e così l’incontro con il rivoluzionario Pietro Maroncelli viene accostato ad un piatto di casoncelli; la gigantesca presenza di Giovanni Simone Mayr ad una buffa lingua tedesca maccheronica; l’amico fraterno Dolci ha nome succulento, faccia da pane e salame e un panzone che lo precede al passo di mezzo metro.

Naturalmente anche lo storico d’opera lascia la traccia, rendendo plausibile il ritratto con episodi che si innestano sulla biografia di Donizetti, ad esempio la storia d’amore tra Mario e la Grisi; l’incendio della Salle Favart oppure la descrizione dell’aspetto fisico della Lalande al tempo di Lucrezia Borgia:

Lo stratagemma di introdurre la protagonista a volto mascherato voleva
essere un escamotage. Sarebbe apparsa con una bautta proprio per
nascondere certe inopportune fattezze, tenuto conto che quando
cinque anni fa ha dato alla luce una bimba si è come tutta sdentata.

O, ancora, quando si esplicita il rivoluzionario proclama estetico per Gilbert Duprez, il primo Edgardo in Lucia di Lammermoor, tenore pioniere di un nuovo stile: - Gaetano non vuole che utilizzi il falsetto. Pas du tout. Basta con le effeminatezze nel canto.

In effetti, uno dei dati più interessanti di Cercherò lontana terra è che la ricostruzione è continuamente disseminata di dati cronistici, e così nei dialoghi emergono lacerti testuali da monografie, articoli, cronache e documenti d’epoca. Le citazioni nascoste, le vere parole dei testimoni, diventano nell’itinerario di Appolonia fonte di vivacità e colore, appiglio per creare scene immaginate e però - se mi si perdona l’ossimoro logico - autentiche, come ad esempio nel caso della prima di Maria Stuarda e della celeberrima lite fra le primedonne:

- Grassona! M’hai spaccato un femore, m’hai spaccato.
- Malafemmina! Sei qui solo perché Donizetti ti protegge.
- Sei tu che slarghi con tutti in Napoli per occupare il trono del San Carlo.
- Solo invidia! tutto perché non slarghi tu con Colui!
A questo punto mi sono fatto strada tra le gentildonne, le ho scostate garbatamente l’una dall’altra e con estrema nonchalance enunciai il verdetto:
- Io non proteggo alcuna di voi, ma p… erano quelle due, e due p… siete voi.

Parafrasando Verdi, in arte è bene saper “inventare il vero”. In questa luce, commuove infine il racconto, largamente basato su osservazioni cliniche, degli ultimi giorni di Donizetti malato. Un exitus che si salda strutturalmente all’esordio del libro: e così l’autore ci ricorda che la nascita del genio è possibile quando si incontrano dei padri-maestri come Giovanni Simone Mayr.

Francesco Bellotto

Luogo di edizione: Bergamo
Anno di edizione: 2013
Autore: Giorgio Appolonia
Pagine: 248