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CENTRO STUDI VALLE IMAGNA

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La Merica mi è dura

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Il volume è pubblicato nell’ambito della quinta fase del progetto di ricerca "Storie di emigranti", promosso e realizzato dal Centro Studi Valle Imagna, in collaborazione con la Regione Lombardia.
Contributo: 15,00 €
Descrizione

In questo nuovo volume, "La Merica mi è dura", che vede la luce sotto forma di epistolario nella collana Persone e pensieri del Centro Studi Valle Imagna, Roberto Belotti ha raccolto con entusiasmo l’invito a pubblicare il significativo carteggio intercorso tra Battista Carrara Erasmi di Serina, emigrato nei primi decenni del Novecento in Argentina, e i familiari rimasti nel villaggio rurale di un tempo, in Valle Brembana. Dalla letura delle centoottantotto lettere di Battista Carrara Erasmi, gran parte delle quali indirizzate in Italia alla moglie dal 1921 al 1948, viene innanzitutto da sottolineare la complessità di una realtà che non può essere ridotta a semplice “microstoria”, se non per il fatto che esprime una relazione fra poche persone, poiché ciascuna lettera è un concentrato della condizione socio-economica e delle tensioni delle classi subalterne nella fase del tracollo del mondo contadino del Novecento. Nelle sfortune e fortune di Battista si possono parafrasare le difficoltà e le attese di molti, ma soprattutto il punto di partenza e la dimensione spirituale e umana dei primi emigranti (quelli, ad esempio, che in Argentina hanno fatto la colonizzazione agraria, dal 1870 sino ai primi decenni del Novecento). Il racconto epistolare della vita di Battista Carrara Erasmi riassume l’esperienza, simile per i connotati di partenza, se non per quelli conclusivi(perché la fortuna vera fu tale per pochi, miraggio per i più), di un’intera generazione di valligiani, che al termine del primo grande conflitto mondiale del secolo scorso cercò altrove una salvezza economica, pur mantenendo sempre operante una forte relazione dialettica con il contesto di vita familiare, nella contrada e nel paese di provenienza, dove rimanevano sempre ancorati l’ambito affettivo, gli interessi socio-economici e i principali investimenti. Anzi, i legami parentali, pur mantenuti presenti e vivi anche a distanza, non si allentavano affatto, bensì si cementavano maggiormente ed erano destinati a durare e a rafforzarsi
col passare del tempo, anche nel corso di anni e decenni. Il carteggio qui proposto, dunque, è una testimonianza viva e palpitante dei valori di riferimento dei primi emigranti: accanto alla forza del lavoro, quale strumento formidabile di emancipazione, e all’intensità delle relazioni affettive coltivate nell’ambito familiare, per le quali valeva sopportare anche il sacrificio della condizione di migrante, nelle confessioni di Battista emerge una sensibilità d’animo non comune e un’attenzione quasi minuziosa, seppure a distanza, nei confronti delle cose quotidiane della vita. Battista Carrara Erasmi, forte di questi principi, riusciva a superare la lontananza fisica e a ricongiungersi sempre con il suo mondo di affetti e l’insieme degli interessi rimasti nel paese dove era
nato e cresciuto e dove continuavano a vivere moglie e figli. Egli si interessa
costantemente di loro, chiede in continuazione dello stato di salute di ciascuno, progetta il suo ritorno, si informa dell’esito della guerra, ma nello stesso tempo è anche provvido di consigli circa l’uccisione del maiale e dispone pure alcune spese nell’interesse e a favore della famiglia. Insomma, nonostante si trovi fisicamente in Argentina, di fatto opera come se fosse presente e attivo a Serina. Mentre chiede alla moglie di avere pazienza, in attesa del suo ritorno, cresce la forza della sua scelta, che diventa ancora più determinata e cocciuta. A differenza di Giacomo, il fratello maggiore che si era stabilito definitivamente a Córdoba con la famiglia, Battista non rinunciò mai all’idea di ritornare un giorno a Serina, dove mantenne residenti e operanti a tutti gli effetti i suoi parenti più stretti. Così fece. I fratelli Carrara non furono i soli ad emigrare da quel piccolo paese della Valle Brembana diretti in Argentina: molte altre famiglie della zona si trasferirono nel grande paese sudamericano, in forza di un sottile
ma robusto filo di solidarietà, che tesseva continue relazioni tra quanti partivano e coloro che, in paese, attendevano il richiamo d’oltremare, accomunati dal medesimo sogno che si trasmetteva di generazione in generazione. Un sentimento,quest’ultimo, sempre presente e vivo nella gente della valle, anche quando non era agevolato dalle situazioni contingenti e dalle circostanze politiche e militari difficili nella prima metà del Novecento. In altro contesto di studi, sempre riferito all’emigrazione bergamasca in Argentina, sono presentati ulteriori racconti di uomini di Serina (Bonaventura Tiraboschi, Luigi Faggioli, Giacomo Carrara, Giovanni Bonaldi…), che nel secolo scorso, anzi alla fine dell’Ottocento, fecero fagotto, diretti Oltreoceano: la loro esperienza migratoria nella sostanza non si discosta granché dal vissuto dei fratelli Giacomo e Battista Carrara
Erasmi. Erano partiti quasi tutti come braccianti, certamente anche bravi carbonai e boscaioli, ma ci volle poco perché quelle persone, così intraprendenti e coraggiose, in un Paese che aveva dato loro lo spazio vitale e necessario per l’espressione personale e professionale, si facessero strada nei commerci o nei trasporti, nelle attività agricole o attraverso imprese edili nel settore delle costruzioni e degli scavi con movimentazione di terra. Le loro esperienze sono state tali da contornare la figura di ciascuno di un sapido alone di mitologia. L’epistolario di Battista Carrara Erasmi di Serina viene presentato a conclusione del programma di ricerca quinquennale sui percorsi salienti e i caratteri principali
dell’emigrazione bergamasca nel mondo. Il Centro Studi Valle Imagna ha assunto, come per un senso di dovere, l’impegno a raccogliere, salvaguardare e valorizzare le fonti (documentali e orali)dell’esperienza migratoria locale, dando
spazio alla viva voce dei protagonisti, nella ricostruzione e trasmissione di
vicende e di vissuti personali. Ne esce un’antologia di racconti che paiono distanti anni luce dalla società moderna e appartengono agli ultimissimi testimoni
diretti di quel grande fenomeno epocale che mobilitò milioni di persone Oltralpe e Oltremare e, per molti versi,determinò lo spopolamento di intere aree di monte, rimaste improvvisamente sprovviste di forza lavoro. Dare spazio a queste testimonianze ha significato riconoscere quella grande avventura di una moltitudine di contadini e di valligiani bergamaschi che, come in una diaspora, si sono stanziati pressoché in ogni parte del mondo conosciuto. Per un atto di amore, non di ribellione.

Luogo di edizione: Bergamo
Anno di edizione: 2008
Autore: Roberto Belotti
Pagine: 252